Indagine su lavoratori e imprese per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Indagine su lavoratori e imprese per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

In Italia, il mondo del lavoro è sofferente da anni, soprattutto in seguito alla crisi socio-economica causata dalla pandemia da Covid-19.

Ipsos, grande società di ricerche di mercato e consulenza, ha effettuato un’indagine per approfondire il tema del lavoro per analizzare le problematiche riguardo al mismatch tra domanda e offerta.

La ricerca consta di un campione di 700 persone, di età compresa tra i 18 e i 40 anni. Il target si articola in lavoratori che stanno cambiando lavoro (44%), persone in cerca di occupazione (46%) e i cosiddetti “neet” (10%),persone inoccupate che non studiano né lavorano.

Si aggiunge anche un campione di 200 imprese in cerca di lavoratori, maggiormente impegnate nel settore dei servizi (61%) e seguite dai settori di industria, agricoltura e costruzioni.  A questa ricerca affianchiamo, in questa sede un più recente Rapporto di AlmaLaurea del 2023. L’indagine sulla Condizione occupazionale dei Laureati ha coinvolto circa 670 mila laureati di primo e secondo livello, di 78 Atenei. Si tratta in particolare di 296 mila laureati di primo e secondo livello del 2021, contattati a distanza di uno o più anni dalla laurea.

Mismatch tra domanda e offerta di lavoro

Il rapporto tra percorso scolastico e mondo del lavoro mostra un importante mismatch. In particolare, si tratta di una mancata corrispondenza tra le competenze acquisite durante la formazione e quelle richieste nel contesto lavorativo e aziendale. Alla base del mismatch, c’è un percorso scolastico spesso incoerente con le richieste del mondo del lavoro, messo in evidenza dall’indagine effettuata. La maggiore criticità si registra nelle aree di competenze differenti su cui si focalizzano domanda e offerta.

Lavoro e percorso scolastico

Tra i diplomati, la scelta degli istituti tecnici è più premiante dal punto di vista occupazionale. Gli istituti secondari tecnici ad indirizzo professionale, tecnologico o economico sono tra le prime scelte del campione ma anche quelli che permettono di accedere più facilmente al mondo del lavoro.

Questa tipologia di diploma viene prediletta dal pubblico maschile, con scarsissima presenza delle donne negli indirizzi tecnologici (11%). Inoltre, questo tipo di preparazione permettere di iniziare a lavorare prima, rispetto ai diplomati in studi umanistici, che registrano un indice di occupazione nettamente minore (del 6%), rispetto al 31% dei diplomati degli istituti professionali tecnologici ed economici che hanno già trovato impiego.

Questi dati possono essere ricondotti al mancato interesse verso le materie STEM da parte degli studenti, e al mancato impegno delle scuole italiane ad accendere l’interesse verso gli studi tecnico-scientifici. Infatti, il 57% del campione non ha preso in considerazione questi percorsi, in quanto non si sente portato mentre il 24% pensa che siano studi troppo difficili.

Figura 1, i motivi per cui gli studenti non hanno scelto percorsi di studio in STEM. Fonte: Ipsos

Tra i laureati, le facoltà di economia e STEM le più premianti dal punto di vista occupazionale anche se le meno preferite. Le lauree umanistiche sono le preferite dagli intervistati, in particolare dalle donne, ma sono quelle con il maggior numero di disoccupati (31% delle persone è ancora in cerca di lavoro). Subito dopo, troviamo le facoltà economico-statistiche e le facoltà di ingegneria e architettura che hanno un’alta percentuale di occupazione, rispettivamente con il 27% e 26% di persone che cercano un nuovo lavoro. Scelte in maggioranza dal pubblico maschile, permettono di accedere prima al mercato del lavoro ed hanno una bassa percentuale di disoccupazione.

Figura 2, quale indirizzo di studi hanno scelto gli intervistati e quanti lavorano. Fonte: Ipsos

A prescindere dall’indirizzo, il percorso universitario viene escluso dal 29% del campione perché ritenuto troppo oneroso dal punto di vista economico, mentre un quarto del campione dichiara di non amare lo studio.

Chi sceglie di continuare gli studi, però, ha più chance occupazionali. Secondo la recente indagine di AlmaLaurea i più favoriti sono, ancora una volta, i laureati del gruppo informatica e tecnologie ICT, così come quelli di ingegneria industriale e dell’informazione, seguiti dal gruppo medico-sanitario e farmaceutico e di architettura e ingegneria civile. Mantengono una buona chance occupazionale i laureati del gruppo scientifico, agrario-forestale e veterinario, economico nonché quello della formazione. I meno favoriti si riconfermano i laureati in psicologia, arte e design, materie umanistiche e ambito giuridico.

Quanto è efficace la laurea nell’attività lavorativa?

Nel 2022, i livelli di occupazione per i laureati di primo e secondo livello sono i più alti dell’ultimo decennio. Questo vale sia per i neolaureati che per coloro che hanno conseguito la laurea da più tempo. Questi livelli di occupazione confermano un netto miglioramento rispetto al 2021 e agli anni precedenti, nonostante la tendenza si sia arrestato a causa dell’avvento della pandemia.

Nel dettaglio, nel 2022 il tasso di occupazione è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 75,4% tra i laureati di primo livello e al 77,1% tra i laureati di secondo livello del 2021, tali valori risultano anche in aumento nell’ultimo anno.

Per individuare situazioni di mismatch possiamo servirci di diversi indicatori, come misure normative e statistiche e l’efficacia della laurea. Per quanto riguarda le dichiarazioni dei laureati rispetto alle competenze acquisite, e a quanto queste possano adattarsi nel mondo lavorativo, il 59,3% degli occupati di primo livello e il 68,7% di quelli di secondo livello reputa il titolo di laurea “molto efficace o efficace” ai fini occupazionali. Tuttavia, rispetto al 2021 la percezione riguardo all’efficacia del corso di laurea sta subendo un lieve calo (rispettivamente -0,6% e -2,6% per le due coorti).

Le imprese prediligono le competenze tecniche

Secondo lo studio, la domanda e l’offerta di lavoro sono parzialmente concentrate in settori diversi. Le aziende cercano personale soprattutto nei settori della produzione (36%) e dell’IT (25%). Diversa è l’aspettativa dei lavoratori, che vorrebbero lavorare maggiormente nel marketing (15%) e nell’assistenza clienti (12%).

Il posto fisso è il prediletto. Infatti, il 66% del campione ritiene ideale il lavoro dipendente, a tempo pieno il 60% e prevalentemente nei servizi (66%).

Il settore pubblico mantiene il suo forte appeal per il 52% delle persone intervistate, per la sua maggiore stabilità e garanzie, ed è inoltre il più bramato dai disoccupati, le donne e i diplomati.

Riguardo al pubblico femminile, i dati sono più preoccupanti. Le donne sembrano troppo disposte a sacrificare la carriera per la casa o la famiglia. Prediligono la stabilità, la fiducia nell’azienda e la vicinanza al posto di lavoro a scapito della possibilità di crescita professionale, aspettativa maggiormente condivisa dagli uomini (53%).

Nel 2022, secondo AlmaLaurea, le tipologie contrattuali prevalenti si riconfermano quelle a tempo indeterminato (31,9% tra gli occupati di primo livello e 23,2% tra quelli di secondo livello), seguite da quelle a tempo determinato (31,1% e 25,1%, rispettivamente) e i contratti di stage (18,1% e 27,7%, rispettivamente). Come previsto, le attività sostenute da borse o assegni di ricerca sono diffuse principalmente tra i laureati di secondo livello (8,9%), a fronte di una percentuale davvero esigua per i laureati di primo livello (sotto l’1%).

Smart working

L’avvento della pandemia da Covid-19 ha reso inevitabile il ricorso allo smart working, dove fattibile.

Questa forma organizzativa ha permesso a molte aziende ed enti pubblici di garantire una continuità lavorativa altrimenti impensabile, soprattutto durante il periodo di chiusura. In realtà, questa forma organizzativa, insieme al telelavoro, è stata introdotta da tempo nel nostro Paese, ma in precedenza non era stata particolarmente utilizzata in Italia. Negli ultimi anni, tuttavia, il numero di lavoratori a distanza è aumentato rapidamente. Nel 2022 lo smart working risulta sempre più diffuso, soprattutto nel 91% delle grandi aziende; al contrario, questa modalità di lavoro risulta inapplicabile nella Pubblica Amministrazione (il dato è in calo del 10% rispetto al 2021) sia nelle PMI (48% rispetto al 53% del 2021).

Scarsità di offerte adatte al proprio profilo professionale

Per quanto riguarda la ricerca di lavoro la scarsità di offerte di lavoro è uno dei dati più critici: l’83% del campione afferma di non trovare offerte di lavoro adatte al proprio profilo professionale.

Inoltre, sia lavoratori che imprese lamentano la presenza di troppe fonti e canali per la ricerca del personale. Circa il 79% delle imprese ritiene faticosa e dispersiva la ricerca di personale tramite i molti canali disponibili. Come prima fonte per la ricerca di candidati si ricorre ancora al classico passaparola (35%), seguito poi da Linkedin (31%) e siti web specializzati in offerte di lavoro (30%). Questi canali insieme al sito internet aziendale e i career days sono ritenuti i più utilizzati dalle imprese, nonché i più semplici per la ricerca di personale.

Figura 3, Fonti per la ricerca di candidati utilizzate dalle imprese. Fonte: Ipsos

Inoltre, il 45% delle aziende fatica a ricevere candidature rispondenti ai profili ricercati e, spesso, i candidati mentono nel CV riguardo alle loro competenze. Le imprese, dunque, cercano di sopperire alla scarsa preparazione di neoassunti e con dei corsi di formazione che mirano a migliorare le soft skill.

Allo stesso proposito, anche il 43% delle persone in cerca di occupazione non ha ancora trovato un lavoro a causa delle retribuzioni troppo basse e dalle troppe qualifiche richieste.

I candidati, per sopperire alle loro mancanze, cercano di investire in competenze digitali e linguistiche, ma il 70% delle imprese ricerca nei CV soprattutto competenze tecniche, seguite allee certificazioni settoriali.

Retribuzione e aspettative dei lavoratori

Il salario rappresenta sempre un aspetto critico. Le persone in cerca di lavoro lamentano di non riuscire a trovare un impiego anche a causa delle retribuzioni troppo basse, mentre le posizioni ricercate troppo qualificate rispetto al profilo. Le aziende riconoscono che il fattore economico è uno dei principali motivi di rifiuto delle proposte, seguito dalle aspettative disattese riguardo alle mansioni e alla lontananza del luogo di lavoro.

Tra i laureati, a parità di condizioni, il conseguimento di una laurea di secondo livello determina un premio retributivo di 99 euro mensili in più rispetto ai laureati di primo livello.

Per i neolaureati, in questo caso, ad essere determinante nella retribuzione è gruppo disciplinare di laurea. Rispetto ai laureati del gruppo politico-sociale e comunicazione, percepiscono, in media, retribuzioni significativamente superiori i laureati dei gruppi medico-sanitario e farmaceutico (+272 euro mensili netti), informatica e tecnologie ICT (+207 euro), ingegneria industriale e dell’informazione (+204 euro), economico (+109 euro), nonché scientifico (+71 euro), educazione e formazione (+62 euro) e scienze motorie e sportive (+46 euro). Tra gli altri, i più svantaggiati dal punto di vista retributivo sono soprattutto i laureati del gruppo giuridico (-102 euro).

Risoluzione del mismatching

Dai dati analizzati, emergono diversi margini di miglioramento. Ad esempio, il miglioramento delle fonti di informazione su opportunità lavorative e orientamento potrebbe portare nel mondo del lavoro persone più consapevoli del loro profilo professionale.

Le risposte degli intervistati mostrano una fragilità che parte dal percorso scolastico. Pur essendo una tappa fondamentale nella formazione dei futuri lavoratori, si registra una scarsa informazione circa gli sbocchi occupazionali. Il 64% del campione avrebbe voluto ricevere maggiore supporto nella scelta del percorso scolastico, soprattutto dalle imprese e dai docenti.

Alla base del mismatch c’è spesso un percorso scolastico scollegato dal mondo del lavoro. La scuola italiana pecca nell’ignorare il valore delle materie tecniche e STEM e nel non riuscire ad accendere l’interesse verso questa tipologia di studi, considerati i più premianti dal punto di vista occupazionale. Infatti, molti non intraprendono questo percorso perché non si sentono portati. In conclusione, la ricerca offre una serie di suggerimenti per migliorare la formazione e la fornitura di informazioni sulle opportunità lavorative. Il sistema educativo e imprenditoriale dovrebbe contribuire a colmare il divario di competenze richieste nel mercato del lavoro in evoluzione e facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Fonti

Mismatch tra domanda e offerta di lavoro in Italia | Intesa Sanpaolorapportoalmalaurea2023_sintesi-occupazione.pdf

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